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Sellerio

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Il Caravaggio rubato. Mito e cronaca di un furto

Luca Scarlini
Luca Scarlini
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€ 12,00 

«Non è mica vero che sono grezza e ruvida, spessa e non maneggevole, che sono tutta bozzi e fessure, che il colore si era crepato ben prima che invecchiassi, com’è naturale. Messer Caravaggio mi stendeva con quelle sue mani forti, cancellava una figura che c’era prima, distribuiva uno strato spesso di colore. Doveva fare in fretta: non c’era tempo. Una tartana lo aspettava al porto, il vento era propizio, c’erano altre tele da imprimere in città lontane di cui non conosco il nome. Mi suonavano dolci come promesse, ma potevano anche essere fonte di minacce». Nella notte tra il 17 e il 18 di ottobre del 1969, svaniva per sempre, rubata con inaudita semplicità, la Natività di Caravaggio, l’unico dipinto del Maestro durante l’incerto soggiorno palermitano. Copriva una parete del mistico e festoso Oratorio di San Lorenzo di Palermo ed era incastonato nei «teatrini» di stucco dell’altro sommo, Giacomo Serpotta. Il danno del furto fu inestimabile, ma soprattutto riassumeva agli occhi dell’opinione pubblica l’inerte prigionia che irretiva Palermo. Enigma inquietante era la finalità simbolica di quello stupro alla città. Il libro di Scarlini è la detection di un furto d’arte unico al mondo, di uno dei dieci capolavori trafugati più ricercati secondo l’FBI. Insegue la cronaca, il brusio di voci e il sussiego delle ipotesi, le ombre e le luci d’ambiente, la strategia della comunicazione mafiosa. E, inseparabile dal fatto, il mistero seducente della biografia del Caravaggio in Sicilia.

Riguardo al libro
«Non è mica vero che sono grezza e ruvida, spessa e non maneggevole, che sono tutta bozzi e fessure, che il colore si era crepato ben prima che invecchiassi, com’è naturale. Messer Caravaggio mi stendeva con quelle sue mani forti, cancellava una figura che c’era prima, distribuiva uno strato spesso di colore. Doveva fare in fretta: non c’era tempo. Una tartana lo aspettava al porto, il vento era propizio, c’erano altre tele da imprimere in città lontane di cui non conosco il nome. Mi suonavano dolci come promesse, ma potevano anche essere fonte di minacce». Nella notte tra il 17 e il 18 di ottobre del 1969, svaniva per sempre, rubata con inaudita semplicità, la Natività di Caravaggio, l’unico dipinto del Maestro durante l’incerto soggiorno palermitano. Copriva una parete del mistico e festoso Oratorio di San Lorenzo di Palermo ed era incastonato nei «teatrini» di stucco dell’altro sommo, Giacomo Serpotta. Il danno del furto fu inestimabile, ma soprattutto riassumeva agli occhi dell’opinione pubblica l’inerte prigionia che irretiva Palermo. Enigma inquietante era la finalità simbolica di quello stupro alla città. Il libro di Scarlini è la detection di un furto d’arte unico al mondo, di uno dei dieci capolavori trafugati più ricercati secondo l’FBI. Insegue la cronaca, il brusio di voci e il sussiego delle ipotesi, le ombre e le luci d’ambiente, la strategia della comunicazione mafiosa. E, inseparabile dal fatto, il mistero seducente della biografia del Caravaggio in Sicilia.
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